A cura di:

Dott. Francesco Iarrera - Responsabile UOL AIDAP Oliveri, Referente Regionale AIDAP SICILIA


Una ragazzina si getta sotto un treno lasciando una lettera di addio ai genitori e di accuse ai suoi persecutori, probabilmente compagni di scuola.

Bulli e fragili non sono nati con i social, sono sempre esistiti. L’adolescenza, da sempre, ha ospitato il desiderio delle persone più sensibili di essere accettate dal gruppo conformista, che tende a escludere chi ha gli occhiali, chi è meno reattivo, chi veste male e, naturalmente, chi pesa di più.

La prepotenza del branco solitamente è sorda ad ogni richiesta di aiuto e le vessazioni al malcapitato continuano a oltranza.

Nel tempo, di solito, il respinto impara a disprezzare i respingitori che tanto aveva inseguito. Alcuni comprendono che far parte di un gruppo che esclude non ha alcun valore. Chi proprio non ce la fa si rifugia nella solitudine e qualche volta sotto un treno, sognando di lasciare ai bulli l’eredità di un lungo rimorso.

Bea non è una ragazza fortunata e anche post mortem, deve subire la spocchia di chi, per convincersi della propria forza, deve umiliare i più deboli. Nessun rimorso, nessuna compassione in chi come epitaffio si domanda su un gruppo social se “buttarsi sotto un treno sia un nuovo sistema dimagrante”.

Non lo è. È il sistema più rapido per lasciare un mondo artefatto in cui i social ci hanno insegnato a dissimulare ogni cosa: valori, rispetto e anche umana pietà.