A cura di:

Dott. Francesco Iarrera - Responsabile regionale UOL - AIDAP


L’eccesso di peso in bambini e adolescenti, negli ultimi decenni, ha attirato l’attenzione dei ricercatori, per via degli effetti sulla salute e nella società. Grossi sforzi sono stati fatti per migliorare le terapie a disposizione, nonostante ciò, spesso, i terapeuti trascurano il metodo di comunicazione con i pazienti.

Eppure, sono sempre di più i dati disponibili che indicano l’esistenza di un modo di comunicare con i giovani assistiti che può incidere positivamente sugli esiti della terapia e sulla salute dei propri assistiti.

La scelta dei termini da utilizzare o non utilizzare diventa un elemento chiave nella cura e non un esercizio di dialettica.

Dire ad un bambino con eccesso di peso che se non dovesse dimagrire, da adulto incorrerà nel rischio di patologie è uno sforzo inutile e controproducente. I bambini hanno una comprensione temporale a brevissimo raggio, proiettata non più avanti del futuro prossimo. I loro interessi e le loro “preoccupazioni” sono protese a cosa faranno nel pomeriggio e non a cosa potrebbe accadere fra 20 anni. Vivono nella percezione dell’immortalità e non comprendono il concetto del rischio legato al proprio peso e proiettato nel futuro.

Approcci simili sono frequenti in clinica pediatrica e nutrizionale, e si basano sulla convinzione che far rilevare un disagio ad un paziente ne aumenti la motivazione al cambiamento. In realtà, questo modo di comunicare trasmette un grado di giudizio e aumenta il senso di colpa in chi lo riceve, ma nessuno di questi due aspetti può motivare al cambiamento: semplicemente, può far sentire i bambini inadeguati e di scarso valore, provocando in loro pensieri come, “non sono bravo, non sono amabile”.

Ancora più gravi sono gli errori di comunicazione in cui il terapeuta si rivolge ad un giovane con toni e atteggiamenti autoritari, tentando di imporre nuove scelte alimentari, rimproverando il bambino e richiamandolo ad un comportamento più salutare. Questo metodo non solo non produce nessun cambiamento nel comportamento alimentare, ma probabilmente mina l’autostima del bambino, inviando in lui il messaggio che l’eccesso di peso è una sua grave colpa.

Non è raro incontrare piccoli pazienti terrorizzati da precedenti approcci, tanto da vederli piangere al solo pensiero di incontrare un nuovo terapeuta o di dover salire sulla bilancia.

Nell’ambito nutrizionale, quando ci si rivolge ad un bambino è buona pratica selezionare le cose da dire e quelle da non dire, preferendo l’utilizzo di termini neutri. Quindi, "peso" e "indice di massa corporea", piuttosto che termini come "obesi" e "grassi”; parlare di “problema alimentare” invece che di “obesità o sovrappeso”; definire il bambino “con eccesso di peso" piuttosto che “sovrappeso o obeso”.

Si tratta di piccoli accorgimenti che se attuati possono facilitare il cambiamento, favorendo una buona relazione paziente-terapeuta.

Soprattutto con i giovani pazienti, particolare attenzione deve essere posta agli obiettivi per cui si propone la perdita di peso, focalizzandosi sul “comportamento salutare”, evitando accuratamente riferimenti al “sembrare magro o l’essere belli".

Gli effetti di una errata comunicazione o di un atteggiamento sbagliato riguardano la salute psicologica del bambino e la sua autostima. Le ricerche disponibili mostrano effetti molto dannosi sul comportamento alimentare dei bambini e un maggiore rischio di isolamento, sedentarietà e aumento del peso.

Allo stesso modo, è incongruente e colpevolizzante, chiedere al bambino che necessita di ridurre il peso di non mangiare il dolce domenicale se tutta la famiglia lo mangia. Questa limitazione o proibizione lo riconduce all’esistenza di una diversità, che non comprende, vista la giovane età, e che lo porta inevitabilmente a considerare se stesso diverso e inferiore.

Il modo più efficace per i genitori di aiutare il figlio è quello di apportare cambiamenti salutari per tutta la famiglia, promuovendo modifiche piccole e non troppo rapide, come ridurre l’olio di condimento o le porzioni, sostituire le bevande zuccherine con bevande dolcificate e proporre di fare delle passeggiate per accompagnarlo a scuola.

In conclusione, ogni terapeuta impegnato nel difficile compito di lavorare con i piccoli pazienti che necessitano di modificare comportamenti alimentari e ridurre il peso, devono aggiungere alle conoscenze cliniche e alla proposta di una buona terapia, un atteggiamento comunicativo che faciliti il cambiamento e non lo ostacoli, incidendo negativamente sulla fiducia di cambiare, costrutto posto alla base della motivazione al cambiamento.

Utilizzare uno stile di comunicazione motivante, in grado di mantenere i pazienti in terapia, potenziandone i risultati, è uno degli argomenti che è possibile approfondire nei nostri corsi di formazione.