A cura di:

Dott. Francesco Iarrera - Responsabile regionale UOL - AIDAP

Dott. Antonio Faillaci - Responsbile centro "Metamorfosi"


Premessa
La prestigiosa Academy of Nutrition and Dietetics ha recentemente pubblicato sulla propria rivista una revisione non sistematica della letteratura più recente sul digiuno intermittente.
La pratica del digiuno intermittente non rappresenta una novità assoluta, poiché presente, già in epoche passate, in alcune culture e religioni, in risposta a principi di ordine filosofico e, appunto, religioso.

Tuttavia, il suo recente utilizzo su larga scala, come proposta clinica a scopi terapeutici, specialmente per la perdita di peso, rende necessaria una netta presa di posizione da parte della comunità scientifica e di tutti i terapeuti che operano in ambito nutrizionale.
La necessità di fornire un contributo alla comprensione della questione è resa ancor più impellente dall’interesse che ha suscitato negli addetti ai lavori e la rilevanza mediatica ottenuta, anche per l’endorsement ricevuto da alcuni importanti specialisti.

I dati
Per quanto in alcuni modelli animali, gli effetti del digiuno si siano rivelati in grado di determinare modificazioni metaboliche, in senso favorevole per la riduzione della sintesi di alcuni ormoni fra cui l’insulina, con la conseguenza di favorire il metabolismo glico-lipidico e portare ad un miglior controllo del peso, non è stato possibile osservare lo stesso nella specie umana. Dei 13 trials clinici che hanno valutato gli effetti sul metabolismo e sul peso corporeo circa l’85% hanno consentito di rilevare gli effetti su queste variabili.
In particolare, la riduzione di peso osservata è compresa fra l’1,3 e l’8% rispetto al peso iniziale. Occorre considerare che oggi sono disponibili programmi di terapia meno traumatici in grado di produrre risultati certamente superiori. Inoltre, va rilevato che gli effetti sul peso di entità maggiore si sono riscontrati negli studi sperimentali in cui i partecipanti osservavano un vero DI, cioè condotto a giorni alterni (e non per due giorni a settimana, come proposto dalla maggior parte dei fautori di questa metodica). Peraltro, in questo caso si è riscontrato un netto aumento dell’appetito che rende praticamente speculativa la sostenibilità di questo regime per un tempo prolungato.
Inoltre, gli studi relativi agli effetti sul metabolismo glico-lipidico, dell’insulina e dei mediatori dell’infiammazione, hanno dato risultati contrastanti, tali da non consigliarne l’utilizzo.
Le conclusioni cui giungono gli autori al termine del loro lungo e documentato excursus, sono lapidarie: “allo stato attuale la ricerca non ha dimostrato che i regimi basati sul digiuno alternato producano perdite di peso di entità superiore se paragonate a regimi di restrizione calorica continua convenzionali per la perdita di peso”.

Conclusioni
A nostro avviso è utile aggiungere che esistono una serie di ostacoli logistici alla adozione di una metodica del tutto avulsa dal nostro modo di pensare e di agire nella quotidianità. Va inoltre sottolineata la non applicabilità di questo regime in alcune patologie sempre più prevalenti, fra cui il diabete, soprattutto insulino-trattato. Da non sottovalutare, infine, la tutt’altro che potenziale pericolosità della restrizione calorica e\o cognitiva, veicolata da questa estrema metodica, in soggetti predisposti a disturbi dell’alimentazione o nelle persone che svolgono attività di particolare impegno fisico ed intellettuale o che praticano una attività fisica di tipo sportivo o amatoriale.
Per questo insieme di ragioni, allo stato attuale delle conoscenze, ci sembra di poter concludere che il digiuno intermittente possa rappresentare, al più, un legittimo esercizio di libera scelta da parte di persone che, per motivi filosofici, etici o religiosi, ritengano di poterlo assumere come proprio stile di vita. Anche in questi casi, tuttavia, il ruolo del medico e/o del nutrizionista rivestirà importanza nel proporre a costoro di sottoporsi ad un accurata analisi prima e durante il follow up, a causa delle potenziali complicanze e/o effetti negativi sulla salute che un tale regime potrebbe indurre.

Fonte: Patterson et al. Intermittent Fasting and Human Metabolic Health. Journal of Academy of Nutrition and Dietetics . Apr. 6 , 2015 pp. S2212 – S2672