Dott. Francesco Iarrera - Responsabile UOL AIDAP Oliveri, Referente Regionale AIDAP SICILIA


Il Padre di Matteo di mestiere fa l'operaio e nei ritagli di tempo tenta di convincere il figlio che in questo mondo capovolto, ad essere storto non è lui ma il compagno.

Ogni giorno dell’ultimo anno scolastico, Matteo è stato gratificato da un compagno di classe con un repertorio di insulti, che non usa nemmeno Homer Simpson quando tenta di strangolare Burt. 

La sua unica colpa era, portare gli occhiali, essere stato azzoppato da una malattia genetica, e l’obesità. L’identikit del perfetto sfigato

“Sei un essere inutile, un fallito, un animale. Non vali niente!”. Giusto per iniziare gli esercizi di riscaldamento. Poi, nel vivo della competizione concludeva con uno scatto prodigioso: "Ma non ti guardi allo specchio? Bevi e mangi come un maiale! Sei grasso". Colpito e affondato.

 Una vasta fetta di adolescenti considera il traguardo più gratificante, l'essere riconosciuto nella propria autorevolezza, in base alla capacità di essere riconosciuti, non per meriti ma per la forza dei pugni. Il perfetto identikit del bullo.

Quando ha capito che non c'erano più parole per consolare Matteo, suo padre ha raccolto tutta la frustrazione dentro una lettera e l'ha inviata a carabinieri e giornalisti. “Mio figlio è un ragazzo solare, intelligente, ma fragile e indifeso, per problemi psicomotori. Ha fatto enormi progressi ma ha bisogno di sostegno e di un ambiente non ostile. Quest’anno entrare in classe era diventato un inferno e abbiamo dovuto cambiare scuola”. Sembra un racconto da sopravvissuto.

Essere disadattato a questa età - mi riferisco all'aggressore - è una questione di controllo degli impulsi: c'è chi li tiene a riposo come una pistola nella fondina e chi li lascia liberi come cani in un prato.

Si tratta di adolescenti che per sfuggire alla loro incapacità di adeguarsi alle regole di questo mondo, reagiscono cercando di calpestarle.

In attesa che un fulmine benevolo cambi la natura dei ragazzi, bisogna affidarsi alla cura di genitori e insegnanti. Tocca ancora a loro aiutarli a non scambiare la forza con la violenza e il rispetto con la paura.

E’ certamente un mondo capovolto questo in cui si continua a confondere la fragilità con la debolezza. Il primo passo potrebbe essere iniziare a manifestare un’inversione di sentimenti e riservare compassione non verso chi ha una diversità, ma verso chi la considera un limite. La speranza è che si arrivi a comprendere che non esiste peggior fallimento di chi non accetta che ogni essere umano andrebbe rispettato in quanto tale.