Dott. Francesco Iarrera - Responsabile UOL AIDAP Oliveri, Referente Regionale AIDAP SICILIA


"No Maria, da piccolo guardavo Rocky e Altrimenti ci arrabbiamo, e oggi non è cambiato nulla.”

Inclina la testa da un lato e stringe il muso a forma di cuore. Nella neo lingua degli adolescenti significa che la battuta non le è piaciuta.

Finalmente sorride e sembra entusiasta. E’ la prima volta da quando ha iniziato la terapia.

Dopo due anni è il primo film che riesco a guardare senza pensare al peso e al corpo."

Se hai un disturbo alimentare anche guardare un film diventa un’impresa. La mente si blocca sul peso e la forma del corpo e non riesci a seguire la trama. Come un computer in cui si apre solo un programma.

Questa ritrovata esperienza nasconde una sorpresa e non vede l’ora di parlarmene.
“Nel film c'è un Robot creato per servire e che scopre di provare emozioni.”
E qui iniziano i suoi guai, ho pensato. Ma resto in silenzio: non voglio frenare il suo buonumore.

Lei continua: “Appena capisce cosa significhi, inizia a chiedere le uniche due cose che rendono la vita speciale: essere liberi e potersi innamorare.”
Ecco i guai.

"Dottore, quel robot è come noi che abbiamo l'anoressia".

Se ti ammali di anoressia le emozioni sono un ricordo senza radici. Come quando da adulti sentiamo un odore che leghiamo a qualcosa, senza riuscire a capire di cosa sia. L'anima si arrugginisce e la cosa più vicina ad un sentimento è la disperazione.

La libertà dell'anoressia è a senso unico. Puoi digiunare, saltare i pasti, fare su e giù per le scale. Sei libera solo se fai ciò che la malattia ti impone.

Ora sono curioso e le chiedo come finisca il film.

"Martin raggiunge la libertà e un attimo dopo muore. "Noi che abbiamo la libertà gratis, non riusciamo a capire che a volte il prezzo da pagare costa tutta la vita.

"E tu?"

“Io voglio raggiungere la libertà per ricominciare a vivere. Non sono un Robot, le emozioni sono un mio diritto.