Dott. Francesco Iarrera - Responsabile UOL AIDAP Oliveri, Referente Regionale AIDAP SICILIA

E' successo anche oggi, Dottore".

Mentre lo dice, alza le maniche della felpa verde e larghissima a mostrarmi i nuovi tagli sul braccio.

La collezione è sempre più creativa. Mi ricordano le pennellate di Van Gogh che ho visto ad Amsterdam. Le cicatrici che conservano la memoria dei primi tagli erano dritte e sottili. Adesso i tagli sono curvi, come le onde del mare.

“Se lo faccio in questo modo sento più dolore.” Come se fosse un premio da rincorrere. Poi continua: "Solo così riesco a bloccarmi, altrimenti devo mangiare". Certo sarebbe un disastro rischiare di superare i trentotto chili.

Quando si nasce impariamo l'arte del pianto per ottenere cibo e attenzioni. Poi, certe vite si spezzano e il pianto serve a tenere lontano l’uno e le altre.

La casa è un campo di battaglia, dove lei perde tutti i round, abbattuta dalle critiche di chi dovrebbe aiutarla: "Hai 42 anni e continui a fare le cose da bambina".

Mentre si racconta ripassa a mente lo sconforto che le provoca e scatta l'ora del pianto. "Non ce la faccio più".

La disperazione è il confine opposto alla speranza e quando lo superi per tornare indietro occorre un miracolo.

Quando riprende un po’ di pace, mi spiega che prova molta nostalgia per un certo modo di affrontare la vita. Mi racconta che da bambina credeva alle fate e quando stava male si nascondeva sotto il letto, in attesa che venissero a consolarla.

All'epoca funzionava. Ora le fate sono quasi tutte in pensione e le poche rimaste ignorano i suoi bisogni. Oggi vorrebbe solo sparire: puff. E lo farebbe di certo, se non fosse per quello scricciolo di dieci anni con cui divide il letto da quando si è separata e che tutte le mattine da un senso ai suoi giorni.

"Non mi resta che tirarmi su le maniche e cercare di salvarmi da sola."

“Meglio di no”, rispondo io. Si guarda le braccia e non smette di ridere.