Dott. Francesco Iarrera - Responsabile UOL AIDAP Oliveri, Referente Regionale AIDAP SICILIA


Sono Simona, ho 16 anni e amo ballare.
A scuola ho visto che quelli del Vicenza Calcio , cercavano delle raccattapalle donna.

Ho pensato fosse una gran figata e ho chiesto a Valentina di presentarci alle selezioni.

Vale è l'altra metà della mia luna. E' alta e snella. La natura le ha voluto bene. Con me è stata generosa, nei chili. Ma questo non è mai stato un problema, i miei amici mi vogliono bene e la mia famiglia mi ama.

Pensavo che questa cosa del calcio, non interessasse a molte ragazze e invece c'era una gran fila. Ci hanno dato una maglietta corta e dei pantaloncini di jeans favolosi. Quella, sarebbe stata la nostra divisa.

Sono entrata in camerino per prima e mentre mi cambiavo nasceva un leggero disagio: i pantaloncini erano stretti. Non era ancora germogliato il pensiero che fosse il mio sedere ad essere grande.

Le crepe della mia autostima non si erano ancora fatte vive e mi sono catapultata fuori.

Sorridevano tutte, erano tutte bellissime. E magre.

Ma come mi è venuto in mente di partecipare a questa selezione? All'improvviso l'idea non mi sembrava più così brillante.
In quel momento, per la prima volta, ho diviso le ragazze in due categorie: quelle magre e io.

Mi sentivo un piede 36 in una scarpa 32. Ad ogni passo sentivo dolore.

Vale ha cercato di rassicurarmi: "Va tutto bene" diceva. "Ti stanno bene i vestiti".

La mia bocca ha detto "si" ma il mio cuore non era d'accordo e la mia testa non ci ha creduto. Era tutto sbagliato: il posto, i vestiti, le persone. Ed io.

Dovevo dimagrire. Questa decisione avrebbe cambiato la mia vita.

Perdo i primi chili. Mi sento forte e in controllo. Come ho fatto a non pensarci prima? Come ho potuto vivere con quel grasso addosso?

Non sono stata selezionata ma i pantaloncini me li hanno regalati. All'inizio li uso per misurare la mia taglia, piano piano il mio valore.

Ora mi sento bene, se non fosse che la forma potrebbe essere migliore. Ok, sono magra, ma il sedere delle altre è sodo, il mio sembra un budino cascato sul pavimento.

I primi giorni di allenamento non avevo forza, ogni esercizio sembrava una fatica di Ercole. Con il tempo sono diventata sempre più forte.

L'istruttore era gentile e mi incoraggiava sempre. Mi indicava come esempio per tutti. Guardate Sonia, diceva, è cosí che ci si allena. Ad ogni sillaba io pestavo forte. Ancora più forte. Mi sentivo posseduta, ogni giorno dovevo andare in palestra. Ormai era diventata una droga.

Il corpo cambiava, ma non abbastanza. Non ero abbastanza magra, non ero abbastanza tonica.

Qualunque cosa facessi non mi bastava mai.

Poi arriva il sabato sera: Vale e Sara vanno per la pizza e ci vado pure io. Ero preoccupata: "Una pizza è troppa, ne mangerò solo mezza." Questo era il piano. I fatti dicono che ho divorato tutta la pizza e ho fatto il bis del dolce. Rientrata a casa, avevo finito la cioccolata rimasta in frigo. Tanto ormai avevo rovinato la mia giornata.

Non potevo crederci che fosse successo. Che stupida! Non potevo accettarlo: il vomito era la soluzione ideale.

Dentro il bagno c'è finito quello schifo di cibo. C'era anche la mia vita, ma non me ne sono accorta.

Per fortuna quel giorno era finito lá.

Da domani non sgarrerò, da domani sarò perfetta.