Dott. Francesco Iarrera - Responsabile UOL AIDAP Oliveri, Referente Regionale AIDAP SICILIA


La voce secondo cui le persone in sovrappeso sono pigre, meno intelligenti e poco inclini allo studio, suscita una certa avversione fra chi di queste caratteristiche possiede solo l’eccesso di peso.

Certo non deve essere facile slalomeggiare fra questi pregiudizi restando in piedi, malgrado la propria mole li renda un bersaglio facile a chi di professione fa l’affibbiatore di etichette a buon mercato. 

Mario è uno di quei ragazzi che negli anni 80 ha dovuto lottare contro chi considerava il non magro simile ad un calzino bucato.

“Facevo a botte con tutti. Loro mi prendevano in giro e gli assestavo bolidi che ancora se li ricordano.”

Il problema vero era che fra i detrattori del suo peso si schieravano anche la sua famiglia e tutte le ragazze che gli regalavano un sussulto. 

Costretto dagli eventi ha iniziato molte diete, finite tutte allo stesso modo: tanti pallini sulla striscia dei fallimenti e autostima che crollava sotto le scarpe.

Seduto di fronte alla scrivania trasmetteva tenerezza: “Vede Dottore, io non mi sento più buono a niente. Non ho abbastanza forza, né volontà. Restare grasso è la pena che meritano quelli come.”

Non è raro che persone con storie simili si ritrovino in questi territori di autocondanna, dove alloggia chi in passato ha perso battaglia contro il sovrappeso. 

La questione precipita quando Mario decise di farsi aiutare, convinto di trovare un porto sicuro al riparo dei giudizi. 

Macché. È stato come essere tradito dal mio migliore amico. “Il primo dottore ha iniziato urlarmi contro, che ero un incosciente e che non capivo quanto male facessi alla mia vita. Come se i 110 chili non camminassero sulle mie ginocchia e la mia schiena.”

“Il secondo non ci ha girato intorno e mi ha chiarito che se lo volevo davvero avrei perso i miei chili di troppo. Da lui ho avuto la conferma che il mio grasso in fondo non era così male.”

“Il terzo ha fatto leva sulla mia famiglia: mi ha spiegato che restare in questo stato significava far soffrire le persone che mi amano. E mi sono sentito un verme.”

Talvolta, nel tentativo di aiutare una persona si rischia di spingerla più a fondo, dentro una scatola di antidepressivi da cui si stenta a vedere la via d’uscita.

Ci sono due modi di parlare ai pazienti che vogliono perdere peso: uno giusto e uno sbagliato. 

Puntare tutto sulla forza di volontà appartiene alla seconda categoria. La forza di volontà si trova in piccoli contenitori e se ne fai un continuo ricorso resti a secco.

L’alternativa è usare un linguaggio che costruisca una comunicazione motivante, uno strumento che funziona come un filo, capace di cucire assieme emozioni, pensieri, eventi e difficoltà e trasferendo tecniche e strategie innovative capaci di far fronte ad ognuna di queste difficoltà.